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Visualizzazione dei post da aprile, 2021

Di gradi, promozioni, esami, titoli autoconferiti e umanità assortita

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  In questi giorni, con alcuni amici (mi piace chiamarli così, anche se con alcuni ci conosciamo solo virtualmente) si è discusso della vexata quaestio dei gradi, su quanto valgano e su cosa farebbero alcuni per appuntarseli sulla obi del keikogi . Come in molte altre questioni, il mio atteggiamento potrebbe essere definito salomonico con un aggettivo benevolo, oppure pilatesco da chi mi abbia un po' meno in simpatia, poiché a mio modestissimo avviso, i gradi sono un onere piuttosto che un onore, e valgono tanto quanto chi li indossa e – soprattutto – quanto chi li ha concessi. Non sono d'accordo con chi ostenta disinteresse per i gradi e ritiene l'esame poco più di una sceneggiata; per conto mio – pur non essendo un esempio di rapida carriera – credo che accettare di sottoporsi ad un esame sia una forma di rispetto verso sé stessi e verso il proprio Maestro, un modo per dirgli: “ ti ringrazio per quello che mi hai insegnato e sono onorato di poterlo mostrare ”. Chi si sot

Un principio, infinite tecniche

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Chiunque creda che praticare una Arte tradizionale, marziale o no che sia, serva solo ad addestrarsi nelle tecniche di queste stesse Arti, è destinato a rimanere convinto che il Maestro Miyagi di “Karate kid” abbia cinicamente sfruttato Daniel Russo per ristrutturare la sua casa a costo zero. In realtà, come ben sanno coloro che praticano con mente aperta e cuore attento, nella pratica di un’Arte si apprendono le tecniche per comprenderne i principi, principi che – in quanto tali e fatti salvi gli eventuali e necessari adattamenti - sono validi sempre ed ovunque. Prendiamo ad esempio la pratica del Batto-do , l’Arte del taglio operato da una spada. Davvero ingenuo credere che serva ad affettare con perizia salumi per scampagnate tra sodali o per rivestire i panni di un novello kaishakunin in un ipotetico seppuku de'noantri .  In realtà, tagliando con precisa decisione il bersaglio che rappresenterebbe un arto umano si impara molto altro: ad esempio, e solo per citare un caso tutt’a

20 Il fascino della leggenda, la crudezza della realtà

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Capita spesso a chi di Arti marziali sa poco, ma purtroppo – il che è più grave – capita altrettanto spesso anche a chi di Arti marziali dovrebbe saperne un po’ di più.  Si resta abbagliati dal lucore della storia, dal fascino della leggenda, dall’ammaliante quanto fasulla bellezza della teoria che sia l’Arte a fare l’Uomo, mentre – purtroppo o per fortuna – è stato, è e sarà sempre vero il contrario. Ci si illude che basti indossare un keikogi fresco di bucato per sbiancare immediatamente anche la propria coscienza; si crede che sia sufficiente impugnare un vibrante fioretto d’acciaio perché la nostra morale si mantenga diritta come la sua lama; ci si illude che far svolazzare bastoni di quercia renda la nostra parola inflessibile come le armi che sfarfalliamo.  No, non è così. Ci piacerebbe che lo fosse, ma non è così. Perché se così fosse carceri e riformatori sarebbero pieni di tatami e parquet, ed all’atto del fine pena verrebbe consegnato, insieme alla ritrovata libertà, anche un