Awase, o del piacere di stare insieme




Qualche giorno fa ho partecipato ad una pratica all'aperto diretta dall'amico e Maestro Tony Giacoia.


Come in tutti i casi della vita, ho avuto modo di vivere questo evento sia nell'aspetto omote che ura. L'aspetto omote, quello evidente agli occhi di tutti è e la coinvolgente passione di Tony, che dentro e fuori dal tatami è un esempio di praticante ed insegnante più unico che raro a cui fanno riflesso l'impegno dei suoi allievi, che nonostante la situazione non ideale non si sono risparmiati in oltre due ore di pratica intensa e partecipata.


L'aspetto ura, quello un po' meno manifesto ma altrettanto evidente a chi avesse avuto occhi per vedere ed un minimo di esperienza per comprendere è la rigorosa perizia di Tony, il suo essere attento ad ogni particolare, il suo non lesinare consigli ai principianti e cura dei particolari ai più esperti, mostrando e spiegando sempre i principi alla base di ogni tecnica mostrata, trovando il modo di non far sentire nessuno escluso in una pratica che ha spaziato da un riscaldamento da “bot camp” ad una carrellata sui kokyunage, finendo con una spruzzata di buki waza. 


In questo godo-geiko (honni soit qui mal y pense, “godo-geiko non indica una pratica particolarmente sollazzante ma è il termine giapponese con cui si indica una sessione che vede partecipare praticanti di Dojo diversi) ho avuto innanzitutto la possibilità di godermi la pratica come  semplice allievo (e chi abbia l'onore e l'onere di insegnare sa quanto questo può essere liberatorio...)  ma soprattutto di confrontarmi con una didattica diversa da quella che mi è più familiare: alcune differenze nel tai jutsu e nelle buki waza mi hanno permesso di uscire dalla mia comfort-zone, applicare principi conosciuti in modalità differenti e sperimentare quanto può essere illuminante “sbagliare” (volutamente tra virgolette).


Insomma una bella esperienza, non solo per aver riassaggiato il tatami dopo quasi un anno di astinenza, non solo per aver sudato in allegria con amici con cui è sempre bello praticare ma soprattutto perché in quelle due ore si è manifestato quello che è – secondo me – una delle espressioni più interessanti del concetto di awase, unirsi con l'altro non perché si è uguali ma piuttosto perché ci si ritrova in profonda sintonia nonostante le differenti apparenze di esperienza, età, mobilità articolare, “parrocchia di appartenenza” e capacità tecnica.


Viviamo in un mondo dove spesso - in buona o mala fede - ci si accapiglia come formiche confuse a cui un passante distratto abbia distrutto con un calcio il nido, ed il mondo marziale come quello sedicentemente esoterico ne sono evidente dimostrazione. "Il mio Maestro è più bravo del tuo!", “La mia Scuola è più antica di tutte", "Le nostre tecniche sono migliori!". Ognuno si trincera dietro rassicuranti ipse dixit dimenticando che la cosa più importante che dovrebbero insegnarci le nostre Arti è di mantenere e coltivare la "mente del principiante", essere come bambini curiosi e sinceri sempre pronti ad imparare come a confrontarsi, senza la pretesa di essere migliori di nessuno se non del nostro Io di ieri.


Ecco, finchè avrò la fortuna di poter ricevere ed onorare inviti come quello di Tony, continuerò a ritenermi un praticante fortunato.


Grazie quindi di cuore a chi me lo ha permesso!

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