Gutta cavat lapidem

 L'apprendimento di molte Arti, non solo marziali, da secoli, in Oriente quanto in Occidente, procede con una dinamica che si basa sulla ripetizione costante di gesti elementari. Una ripetizione che a volte sembra oscillare tra la noia e la alienazione, in cui un singolo movimento viene ripetuto all'infinito.

Capita però che al termine della giornata di lavoro, del seminario di studio, dell'ora di pratica, l'allievo sconcertato si renda conto che già dopo poche decine di minuti la memoria di quel gesto si fa vaga, sfuggono del movimento alcuni particolari che si percepiscono essenziali, che la dinamica e la sequenza delle azioni non siano riproducubili con certezza.

Succede a tanti, a ciascuno in modo diverso ma con identico risultato: lo sconforto, lo scoramento, il timore di aver perso tempo, il dubbio di riuscire mai a procedere lungo la strada che porta alla maestria, il dispiacere di deludere il proprio insegnante.

A questi tanti, ed a chi scrive per primo, propongo questo aneddoto che – a chi lo comprenderà nella sua essenza – ritengo sarà molto utile.

Buona lettura!





“Ho letto moltissimi libri, ma ho dimenticato la maggior parte di essi. Ma allora qual è lo scopo della lettura?”

Fu questa la domanda che un allievo una volta fece al suo Maestro.

Il Maestro in quel momento non rispose. Dopo qualche giorno, però, mentre lui e il giovane allievo se ne stavano seduti vicino ad un fiume, egli disse di avere sete e chiese al ragazzo di prendergli dell’acqua usando un vecchio setaccio tutto sporco che era lì in terra.

L’allievo trasalì, poiché sapeva che era una richiesta senza alcuna logica.

Tuttavia, non poteva contraddire il proprio Maestro e, preso il setaccio, iniziò a compiere questo assurdo compito. Ogni volta che immergeva il setaccio nel fiume per tirarne su dell’acqua da portare al suo Maestro, non riusciva a fare nemmeno un passo verso di lui che già nel setaccio non ne rimaneva neanche una goccia.

Provò e riprovò decine di volte ma, per quanto cercasse di correre più veloce dalla riva fino al proprio Maestro, l’acqua continuava a passare in mezzo a tutti i fori del setaccio e si perdeva lungo il tragitto.

Stremato, si sedette accanto al Maestro e disse: “Non riesco a prendere l’acqua con quel setaccio. Perdonatemi Maestro, è impossibile e io ho fallito nel mio compito”

“No – rispose il vecchio sorridendo – tu non hai fallito. Guarda il setaccio, adesso è come nuovo. L’acqua, filtrando dai suoi buchi lo ha ripulito”

“Quando leggi dei libri – continuò il vecchio Maestro – tu sei come il setaccio ed essi sono come l’acqua del fiume”

“Non importa se non riesci a trattenere nella tua memoria tutta l’acqua che essi fanno scorrere in te, poiché i libri comunque, con le loro idee, le emozioni, i sentimenti, la conoscenza, la verità che vi troverai tra le pagine, puliranno la tua mente e il tuo spirito, e ti renderanno una persona migliore e rinnovata. Questo è lo scopo della lettura”.

In altre parole, riprendendo il significato della frase latina che da il titolo a questo post: “Cadendo, la goccia scava la pietra, non per la sua forza, ma per la sua costanza

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