Fratelli e Sorelle di pratica
Tante, troppe persone, continuano a credere che un praticante di arti marziali o discipline di combattimento sia null’altro che un rozzo energumeno che cerca di apprendere il modo con cui picchiare con più efficacia il suo avversario. Un losco figuro da cui stare alla larga, da cui diffidare, certamente incline alla violenza, dedito alla sopraffazione, pericoloso se non per sé, certamente per gli altri.
Nulla di più lontano dal vero.
Esistono, ovviamente, soggetti che corrispondono a quella descrizione, ma si tratta di “abusivi”, gente che non ha capito nulla delle arti che (forse) pratica, dei Laszlo Toth che devasterebbero la “Pietà” di Michelangelo con lo stesso martello con cui il Buonarroti la scolpì, vandali che usano le tecniche con fini assolutamente diversi da quelli a cui dovrebbero tendere.
Se è vero che queste tecniche nacquero e si affinarono sui campi di battaglia, è altrettanto vero che oggi – al prezzo del sangue, sudore e lacrime versati da chi ce le ha trasmesse – possono aiutarci ad essere persone migliori, in ogni momento del quotidiano.
Se il guerrafondaio vede in ognuno un potenziale avversario da battere e sopraffare, il praticante sincero vede in ognuno un compagno che può aiutarlo a migliorare, da ringraziare prima e dopo la pratica, da salutare prima del confronto e da onorare dopo, quale che sia il valore (relativo) della eventuale classifica.
Il marzialista che abbia ben compreso almeno una parte dello Spirito dell’Arte che pratica non sarà mai invidioso di chi è più esperto di lui e non negherà mai un consiglio al principiante, “ruberà” onestamente ai suoi Maestri tutto quanto riuscirà ad apprendere, consapevole che nessuno può infondergli la conoscenza che lui non possa e voglia conquistare, donerà oculatamente ai suoi allievi quanto a loro serve quando a loro serve, consapevole che una pianta senza acqua secca e con troppa acqua marcisce.
Il marzialista che abbia ben compreso almeno una parte dello Spirito dell’Arte che pratica onorerà ogni giorno, ogni momento il lascito di chi lo ha preceduto sulla Via, considererà fratelli coloro che – pur nati da madre di sangue diverso dal suo – si riconoscono nella stessa eredità del Cuore.
Ho la fortuna – mi auguro meritata - di avere tanti di questi fratelli e li ringrazio per l’immenso dono – spesso inconsapevole - che mi fanno ogni volta che ci incontriamo.
Quando qualcuno sa quanto ci costa, in termini di tempo, energia e denaro la nostra passione e mi chiede: “Ne vale la pena?” io ripenserò a loro, ricorderò chi ha fatto centinaia di chilometri per essere con noi il giorno dell’apertura del nostro Dojo o per partecipare alle nostre iniziative, ricorderò chi ha organizzato in poche ore un vero e proprio trasloco per potermi offrire un letto lontano da casa, ricorderò chi, in tante maniere, ci è stato e ci sta al fianco, dandoci forza ed entusiasmo perché, come insegna la storia degli Spartani alle Termopili, il guerriero è forte non solo per sé stesso, ma anche per il compagno che ha al fianco.
A voi, fratelli e sorelle di pratica, grazie!
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